2016: anno della pace in Colombia? | Medici per i Diritti Umani

2016: anno della pace in Colombia?

Colombia

Il 23 marzo 2016 sarebbe stata una data storica per la Colombia. Nel mese di ottobre 2015 il Governo colombiano di Juan Manuel Santos e la guerriglia delle FARC si diedero sei mesi di tempo per ratificare l’accordo di pace che avrebbe messo fine ad un conflitto che dura da più di mezzo secolo, suggellando il successo dei negoziati di pace che vanno avanti a La Havana da tre anni. La Colombia si vedeva già proiettata in un’altra fase, quella del postconflitto. Ma così non è stato. Pace rimandata a data da destinarsi.

Se il 2015 è stato l’anno del perdono. Il 2016 dovrebbe essere l’anno della pace.

Tra il 2013 e il 2015 si sono alternate varie fasi in cui sembravano acuirsi in maniera inesorabile le tensioni tra le due parti e fasi in cui le relazioni sembravano distendersi fino a portare ad accordi su quelle che erano i punti spinosi dei dialoghi di pace: lo sminamento, la restituzione delle terre, la partecipazione politica dei guerriglieri, il narcotraffico e la riforma agraria. La popolazione colombiana attende l’esito di questi negoziati da anni oramai. La nazione vive nel limbo dell’attesa, incredula e sospettosa. E’ il più lungo conflitto della storia che ha lasciato segni indelebili della memoria storica della nazione.

Medici per i diritti umani-MEDU sostiene da anni un progetto di salute comunitaria nel Choco, una regione immersa nella giungla, in un lembo di terra in cui si insinuano silenziosamente le acque del Rio Atrato solcate da piccole imbarcazioni che collegano le varie comunità rurali ai municipi principali. Il progetto si propone di contribuire a migliorare, le condizioni di salute delle popolazioni rurali del Bajo Atrato, nel Dipartimento del Chocò. Obiettivo è quello di potenziare i servizi di primary health care nelle comunità del Bajo Atrato offrendo prestazioni di qualità e rispondenti alle necessità della popolazione, con particolare riguardo alla salute della donna. Le attività del progetto possono essere suddivise in quattro grandi aree di intervento: infrastrutture, prevenzione e promozione della salute, cura, formazione. Il progetto nel corso degli anni ha creato un centro di formazione per promotori a Rio Sucio dove sono stati allestiti una formacia comunitaria, un laboratorio clinico e un ambulatorio per le visite. Sono stati formati i promotori di salute e le parteras che ora lavorano nelle proprie comunità di origine. Qui i servizi sanitari sono inesistenti ed il lavoro dei promotori di salute e delle parteras (ostetriche tradizionali), formati nel progetto di MEDU, diventa essenziale per portare assistenza sanitaria dove non c’è. Sono state organizzate campagne di sensibilizzazione su tematiche inerenti alla salute pubblica per ribadire l’importanza del diritto alla salute per tutti, soprattutto in una delle regioni più povere e emarginate della Colombia dove convivono popolazioni indigene, afro-discendenti e meticce dimenticate dal governo centrale. E’ un caleidoscopio di lingue, colori, culture diverse che convivono in comunità rurali che hanno spesso come unica via d’accesso l’acqua del fiume. Linfa vitale di una regione completamente abbandonata. Dove tutto ha sapore di legno umido e il colore del fango in contrasto con le tonalità sfavillanti delle paruma (telo tradizionale che le donne indigene usano come gonna) e le pareti delle case. Qui il tempo sembra essersi fermato tra la bruma e l’orizzonte che si perde tra i banani. I colori e le sonorità della cumbia che pervadono le strade di Rio Sucio, uno dei municipi principali della regione, i sorrisi della popolazione e i giochi d’acqua dei bimbi nella stagione delle piogge sembrano aver seppellito nell’oblio decenni di violenze inenarrabili che hanno coinvolto la popolazione. Ogni famiglia annovera un congiunto scomparso morto per violenza. Parlare di pace è difficile. “Mi hanno ammazzato la felicità”, dice una delle donne de El Atrateno, un ristorante di Rio Sucio che prepara “comida por la paz” (cibo per la pace) e fondato da cinque donne che rappresentano i volti di madri della guerra, vittime del conflitto tra paramilitari e guerriglia, tra guerriglia e i commercianti di legname, tra paramilitari e agricoltori, tra l’esercito e i mafiosi. Sono vittime tre, quattro, cinque volte in una regione che sembra esser stata fondata per piangere i suoi morti. Donne sfollate più volte dalle loro comunità di origine alle quali la guerra ha portato via mariti, figli, il sorriso. Donne cha hanno trovato rifugio nell’arte culinaria come una forma di antidoto al dolore e alla violenza intorno. Il ristorante è noto come uno dei migliori nel Choco e offre piatti tipici della regione come il pollo sudado, il sancocho di gallina la bandeja con pescado frito che le donne servono in una delle strutture tipiche di Rio Sucio, una palafitta in legno in riva al fiume. Si dice da queste parti che se vuoi che il fiume ti lasci soddisfatto, devi mangiare a El Atrateno. E’ questa la sosta preferita di membri di organizzazioni locali e internazionali che lavorano, come MEDU nella regione. E quella delle donne de El Atrateno è solo una delle tante storie in cui ci si può imbattere lavorando in una regione martoriata da anni di violenza ma che ha anche tanta voglia di ricominciare a vivere.



Teresa Leone
Medici per i diritti umani

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Tipo di documento: Comunicati stampa