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Centro di prossimità di Tormarancia a Roma – Trenta giorni
Trenta giorni
Francesca Canu
I profughi imparano a vivere, o piuttosto a sopravvivere [(sur)vivre],
giorno dopo giorno nell’immediatezza del momento,
annaspando nella disperazione che fermenta entro le mura.
Loic Wacquant
Molti, invece, provengono da un lungo percorso nei CIE di frontiera. Hanno ottenuto lo status di rifugiati. Aspettano i documenti definitivi e un letto in un centro di seconda accoglienza. Tutti hanno intrapreso un viaggio lungo e pericoloso, a volte durato diversi anni, che li ha portati a rag-giungere l’Italia passando per l’Iran, la Turchia, la Grecia.
Il tendone è solo un breve momento nella loro vita, che dura al massimo 30 giorni.
30 giorni di attesa: per un treno, un lavoro, un posto letto, perché si faccia di nuovo sera e si possa final-mente smettere di vagare per la città.
30 giorni di smarrimento, di frustrazione per le condizioni di vita, per l’impossibilità di lavorare, ma so-prattutto per il tempo che scivola, per la vita che si vede sfuggire.
L’unita Mobile di MEDU è presente una volta a settimana presso la tensostruttura offrendo assistenza ed orientamento ai diritti e ai servizi territoriali. Ma oltre a curare, dal 2006 MEDU chiede alle istituzioni di affrontare l’intollerabile condizione di precarietà ed emarginazione in cui vengono lascianti migliaia di profughi, richiedenti asilo e rifugiati nel nostro Paese e nello specifico nell’area metropolitana di Roma.