I sommersi e i salvati. (Testimonianze) | Medici per i Diritti Umani

I sommersi e i salvati. (Testimonianze)

I migranti sopravvissuti alla rotta Sahara – Mediterraneo. Dati e testimonianze dalla clinica mobile di Medici per i Diritti Umani a Roma.

Mappa-MEDU

Le testimonianze che seguono sono tutte di profughi eritrei e sono state raccolte dal team di MEDU negli insediamenti di Ponte Mammolo e Collatina a Roma tra agosto e ottobre 2014.

“In Libia sono stato incarcerato per cinque mesi. In prigione mi davano da mangiare solo del pane ogni trenta ore”.
Ragazzo di 18 anni, Collatina, 1° settembre 2014

“Ho viaggiato per sei mesi dall’Eritrea, sono rimasto in Etiopia per quattro mesi in un campo profughi, poi in Sudan un altro mese, e infine un altro mese in Libia”.
Uomo di 36 anni, Collatina, 1° settembre 2014

“In Libia sono stato in un centro di raccolta per circa un mese, per arrivare in Italia sono passato nelle mani di tre diverse organizzazioni di trafficanti. Sono sopravvissuto ad un naufragio, in cui sono rimaste in vita solo 20 persone su 150 che erano partite con me”.
Uomo di 30 anni, Collatina, 8 settembre 2014

“Io e la mia bambina di un anno e mezzo siamo state per circa due mesi in un centro di raccolta in Libia, dove mia figlia è stata molto male poiché soffriva continuamente di diarrea ma non ha ricevuto nessuna cura. Mio marito è ancora in viaggio e ho dovuto lasciare la mia altra figlia di dodici anni in Sudan”.
Donna di 25 anni con figlia di un anno, Collatina, 15 settembre 2014

“Sono stato per due mesi in un centro di raccolta in Libia, forse a Tripoli. Durante il viaggio tra l’Egitto e la Libia dei miei connazionali sono stati rapiti da tribù provenienti del Chad, e rilasciati solo in seguito al pagamento di un riscatto di 3.800 dollari.”
Uomo di 25 anni, Collatina, 15 settembre 2014

“Sono partito dall’Eritrea quattro anni fa, sono rimasto per tre anni nel campo profughi di Mai Aini in Etiopia. Ho vissuto più di un anno in Libia e ho tentato per due volte la traversata, pagando 1.000 dollari. Dopo il primo tentativo fallito, sono stato catturato dalle autorità libiche che mi hanno rinchiuso in carcere per un mese. Di tutto il viaggio, il tratto più rischioso è quello al confine tra Sudan e Libia: il deserto, la mancanza di acqua e di cibo, il tragitto in macchina con tutti i migranti ammassati sullo stesso mezzo che viaggia a gran velocità. Alcune persone cadono dal mezzo e non vengono raccolte. Ho impiegato quattro giorni per attraversare il confine tra Sudan e Libia.”
Ragazzo di 20 anni, Collatina, 15 settembre 2014

“Ho assistito all’uccisione di due miei connazionali presso un centro di raccolta in Libia: uno è stato cosparso di benzina e incendiato vivo perché affetto da scabbia, un altro è stato colpito a morte con un attrezzo agricolo”.
Ragazzo di 23 anni, Collatina, 15 settembre 2014

“Sono stato in due centri di raccolta di cui uno al confine tra Sudan e Libia. Dopo essere stato rapito, mi hanno rilasciato dietro pagamento di un riscatto. Successivamente sono stato in un altro centro di raccolta a Tripoli, dove ho atteso di imbarcarmi per l’Italia.”
Uomo di 30 anni, Collatina, 15 settembre 2014

“Ho trascorso sette mesi in Libia in un centro di raccolta, dove ci davano pochissimo cibo e acqua. Eravamo rinchiusi tutto il giorno e venivamo picchiati con un tubo per l’acqua con dentro del filo di ferro. Eravamo circa 60/70 persone in un unico capannone. Il centro di raccolta di Ajdabiya”.
Uomo di 28 anni, Collatina,15 settembre 2014,

“In Libia c’è una situazione di estremo caos. I migranti passano di mano in mano in balìa di trafficanti e di vari gruppi militari”.
Ragazzo di 20 anni, Collatina, 15 settembre 2014

“Sono stata vittima di violenza in Libia. Il viaggio dall’Eritrea è durato otto mesi, di cui quattro in Libia in un centro di raccolta (non mi ricordo in quale città). All’interno del centro subivamo percosse quotidiane, faceva molto caldo e moltissime persone avevano continui malesseri”.
Donna di 24 anni, Collatina, 29 settembre 2014

“Sono arrivato in Sicilia nove giorni fa, poi siamo stati divisi in tre gruppi, uno è stato trasferito in Sardegna. Circa trenta persone sono rimaste chiuse in una caserma per nove giorni, rifiutando il foto-segnalamento. Poi sono stati portati in commissariato. All’ennesimo rifiuto ci hanno lasciati liberi”.
Ragazzo di 18 anni, Collatina, 29 settembre 2014

“Durante la traversata in mare sono rimasto per tre giorni in una posizione accovacciata, per questo motivo ora ho delle piaghe sulle gambe e sotto le ascelle. In Libia sono stato per tre mesi in un centro di raccolta con altre 800 persone, tutte partite per l’Italia due settimane fa. Non ricevevamo cibo se non un piatto al giorno per sette persone. Faceva molto caldo. La parte più difficile del viaggio è stato l’attraversamento del confine Sudan-Libia: otto giorni in macchina nel deserto, subivamo continue percosse”.
Ragazzo di 18 anni, Collatina, 29 settembre 2014

Tereza con il figlioletto giunti da pochi giorni a Ponte Mammolo - Agosto 2014 Dopo lo sbarco più di 500 persone sono state foto-segnalate ma molti hanno comunque lasciato l’Italia. Ci hanno fatto sbarcare a Reggio Calabria, hanno tentato di foto-segnalare anche me, ma sono riuscito a fuggire. Voglio andare in Germania.
Ragazzo di 21 anni, Collatina, 29 settembre 2014

Sono sbarcato a Reggio Calabria, mi hanno foto-segnalato usando la forza, perché io non volevo. Allo sbarco, ci hanno divisi in gruppo, dopo aver ricevuto del cibo, ci hanno portato in caserma per il foto-segnalamento, c’erano eritrei, siriani, nigeriani”.
Ragazzo di 22 anni, Collatina, 29 settembre 2014

Ho 15 anni, sono in viaggio da un anno e otto mesi, per un anno sono rimasto in Etiopia, vicino a Tigray. La mia famiglia è rimasta in Eritrea.
Ragazzo di 15 anni, Collatina, 29 settembre 2014

“Sono stato foto-segnalato con la forza dopo 6 giorni a Catania, poi mi hanno trasferito in Sardegna. Mi sono ferito mentre scappavo dalla polizia in Libia. In Libia sono rimasto sette mesi di cui due in carcere a Misurata”.
Uomo di 37 anni, Collatina, 29 settembre 2014

“Ho trascorso tre mesi in Libia in una città della costa nord-orientale, poi a Benghazi e infine a Tripoli. Sono stato rapito più volte da soldati governativi e anti governativi e rilasciato in cambio di un riscatto. Ho trascorso venti giorni in un centro di raccolta a Tripoli, con altre 700 persone: ci davano del cibo una volta al giorno ed era impossibile di uscire. Il tratto più pericoloso del viaggio è stato l’attraversamento del confine tra Sudan e Libia. In Libia, nel deserto ho assistito all’uccisione di più di venti persone da parte di soldati libici che sparavano a vista. Anche il confine con l’Egitto è molto pericoloso per la presenza di numerosi soldati che controllano l’ingresso delle persone in fuga dalla Libia. Le persone che vengono fermate vengono trasferite nei centri di detenzione a tempo indeterminato e riescono a uscire solo pagando 300 dollari per tornare in Etiopia. So che alcune persone transitate negli anni passati per il Sinai si trovano ancora nei centri di detenzione in Egitto.”
Uomo di 28 anni, Collatina, 6 ottobre 2014

“Ci hanno fatto sbarcare a Napoli, io voglio andare in Germania, dove vive mia moglie. Ho trascorso tre mesi in Libia, uno in carcere e due in un centro di raccolta a Tripoli, dove subivamo violenze e percosse quotidiane e ci davano cibo solo una volta al giorno”.
Uomo di 37 anni, Collatina, 6 ottobre 2014

“Sono stato due mesi in carcere e due mesi in centro di raccolta a Tripoli. Molte persone vengono comprate dal carcere da trafficanti che gestiscono i centri di raccolta i quali chiedono un riscatto per la liberazione e soldi per il viaggio”.
Ragazzo di 20 anni, Collatina, 13 Ottobre 2014

“Ho una pallottola in una gamba da luglio. Ho attraversato il Sudan e il confine con l’Egitto prima di arrivare in Libia. All’entrata di Misurata, il container in cui viaggiavamo è stato fermato dai soldati per un controllo. Quando hanno scoperto che c’erano a bordo dei migranti nascosti (circa 125) hanno sparato contro il container in cui eravamo, causando 4 morti e 9 feriti, di cui 4 sono stati portati in ospedale e cinque, me compreso, in carcere. Io sono riuscito ad uscire, ma gli altri quattro si trovano ancora in carcere e non sono stati curati. Ciò è accaduto nel mese di luglio, il nono giorno di Ramadan”.
Ragazzo di 17 anni, Collatina, 13 ottobre 2014

“Il viaggio è durato due anni, di cui uno in Sudan (Kassala), poi Libia, dove ha trascorso due mesi nel carcere di Misurata. Ho subito violenze in carcere e privazione cibo. In particolare le persecuzioni erano rivolte contro gli Eritrei cristiani”.
Ragazzo di 29 anni, Collatina, 20 ottobre 2014

“Il viaggio è durato 5 mesi attraverso il Sudan e la Libia. In Libia ho trascorso tre mesi di cui due in carcere a Misurata (carcere non ufficiale all’interno di un edificio, forse una scuola). Ho pagato 1.200 dollari per il riscatto. In carcere con me c’erano circa 500 persone, ci davano da mangiare solo una volta al giorno, un piatto di zuppa in sei e un pezzo di pane. Ho perso la falange di un dito durante le operazioni di salvataggio in mare”.
Ragazzo di 25 anni, Collatina, 20 ottobre 2014

“Sono rimasta alcuni mesi in Libia prima di imbarcarmi per l’Italia. Adesso sono incinta ma desidero interrompere la gravidanza. Non mi voglio fermare in Italia ma cercare di raggiungere l’Inghilterra”.
Ragazza di 21 anni, violentata in Libia e al quarto mese di gravidanza, Ponte Mammolo, 3 agosto 2014

Sono arrivato in Sicilia quattro giorni fa. Sono partito dall’Eritrea un anno e sei mesi, fa. In Sudan sono rimasto in un campo per due mesi, poi in Libia in un centro di raccolta per altri due mesi e mezzo. Ho pagato per il viaggio dal Sudan alla Libia 2.800 dollari.
Ragazzo di 20 anni, Ponte Mammolo, 16 settembre 2014

“Sono arrivato in Italia da sette giorni. In Libia sono stato in prigione, ho subìto maltrattamenti e ci lasciavano senza cibo per giorni, ci davano un pezzo di pane ogni trenta ore e ci costringevano a bere acqua salata”.
Uomo di 28 anni, 9 settembre 2014, Ponte Mammolo

“Sono rimasta in Libia con mio figlio di un anno, in un centro di raccolta, dove siccome non avevamo soldi ci hanno lasciato dieci giorni senza cibo né acqua”.
Donna di 23 anni, Ponte Mammolo,23 settembre 2014

“Mi sono fatto male in Libia, mentre cercavo di salire sulla macchina che doveva portarci al mare per imbarcarci, ma i trafficanti mi hanno buttato per terra, e mi sono contuso un braccio. Ho visto spezzare le braccia a persone che stavano con me nel centro di detenzione libico, se ci vedevano parlare ci picchiavano.
Uomo di 38 anni, Ponte Mammolo ,23 settembre 2014

“In Libia sono stato rinchiuso in un centro di raccolta, ci obbligavano a rimetterci addosso vestiti bagnati e a sederci, in questo modo la pelle dei genitali si macera”
Ragazzo di 20 anni, Ponte Mammolo, 7 ottobre 2014

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Medici per i Diritti Umani (MEDU), organizzazione umanitaria indipendente, fornisce dal 2006 assistenza e orientamento socio-sanitario ai rifugiati in condizioni di precarietà nell’ambito del progetto Un Camper per i Diritti nelle città di Roma e Firenze.Le attività della clinica mobile rivolte ai migranti in transito nella città di Roma sono realizzate con il sostegno di Open Society Foundations.

Tipo di documento: Report