Rapporto centro di permanenza temporanea ed assistenza “Brunelleschi” di Torino | Medici per i Diritti Umani

Rapporto centro di permanenza temporanea ed assistenza “Brunelleschi” di Torino

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PREMESSA

I CPTA sono stati istituiti nel 1998 con l’articolo 12 della legge 40/1998 (Turco-Napolitano), poi art. 14 del T.U. 286/1998. Sono stati, in seguito, emanati leggi e regolamenti che si riferiscono ai CPTA, tra cui la legge 189/2002 (Bossi-Fini) e il decreto legge 241/2004, poi convertito nella legge 271/2004. I CPTA hanno lo scopo di assicurare il trattenimento degli stranieri trovati in condizioni d’irregolarità sul territorio italiano, raggiunti da un decreto di espulsione o respingimento e per i quali non è possibile l’allontanamento immediato.
La misura del trattenimento ha la finalità di far attendere in tali centri la rimozione degli impedimenti alla effettiva esecuzione, con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, della misura di allontanamento disposta a carico degli stranieri, evitando così che questi, lasciati liberi, possano sottrarsi alla esecuzione della stessa. Gli ostacoli che giustificano la misura di trattenimento sono:

• necessità del soccorso dello straniero;
• necessità di accertamenti supplementari in ordine alla identità o alla nazionalità dello straniero;
• necessità di acquisizione di documenti per il viaggio;
• indisponibilità del vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo ad effettuare il rimpatrio dello straniero.

Attualmente il periodo massimo di detenzione in un CPTA è di 60 giorni. Nell’ambito del programma di monitoraggio dei CPTA, i team costituiti dai medici e dai volontari di MdM hanno eseguito una missione esplorativa a Lampedusa ed hanno potuto visitare i centri di Modena (“La Marmora”), Foggia (Borgo Mezzanone), Lecce (“Regina Pacis”) e Roma (Ponte Galeria). Da quest’anno le visite rientrano nel più ampio progetto dell’Osservatorio europeo sull’ accesso alla salute della la popolazione migrante promosso dalla rete internazionale di Medici del Mondo. Il programma si propone di agire affinché nei paesi dell’Unione Europea le popolazioni vulnerabili – in particolare i migranti irregolari – abbiano le medesime possibilità di accesso alle cure e alla prevenzione del resto della popolazione. Un altro obbiettivo dell’Osservatorio è di contribuire ad evitare l’espulsione delle persone affette da gravi patologie – in particolare l’infezione da HIV – e che non possono essere curate nei loro paesi di origine.

INTRODUZIONE

Il Centro di Permanenza Temporanea ed Assistenza di Torino si trova in Corso Brunelleschi, nella zona ovest della città ed è in funzione dal 1999. Durante i sette anni di vita del centro si sono verificate diverse rivolte così come tentativi di fuga da parte dei trattenuti. Le proteste degli immigrati contro il trattenimento e le condizioni di vita nel centro si sono spesso manifestate con atti di autolesionismo, scioperi della fame e della sete e aggressioni alle strutture del CPTA. Dall’inizio dell’anno MdM ha effettuato due visite in questo centro. Nella prima occasione, l’accesso di un nostro volontario medico è avvenuto in concomitanza con la visita di un membro del Parlamento della Repubblica. I responsabili del centro erano stati previamente informati della visita. Durante l’accesso abbiamo potuto intervistare il direttore dell’ente gestore, i responsabili delle forze di pubblica sicurezza, il medico di turno, ed abbiamo avuto colloqui con alcuni trattenuti in presenza del personale dell’ente gestore.
Al momento della visita erano presenti 59 trattenuti (46 uomini e 13 donne). La visita è durata approssimativamente 2 ore. Con il fine di realizzare un’ulteriore visita, MdM ha fatto richiesta di ingresso nel centro di Torino, vedendosela rifiutare (1). A questo proposito è opportuno ricordare che nel 2005 MdM ha richiesto al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno, l’autorizzazione per realizzare delle visite nei CPTA nell’ambito delle azioni dell’Osservatorio europeo sull’ accesso alla salute della popolazione migrante. L’autorizzazione è stata negata, cosi come sono state negative le risposte delle Prefetture territorialmente competenti alle richieste di visita di singoli centri di permanenza temporanea.
Il secondo accesso di un nostro operatore è avvenuto in concomitanza con la visita ad un trattenuto che ne aveva fatto richiesta e a cui era stata data risposta positiva dalla Prefettura. In questa seconda occasione abbiamo avuto comunque accesso all’area interna al centro ed abbiamo potuto dialogare con il responsabile dell’ente gestore, con alcuni operatori delle forze di pubblica sicurezza oltre che sostenere il colloquio con il trattenuto. La visita è durata, nel complesso, circa un’ora e mezza. Questo rapporto ha l’obbiettivo di valutare la situazione socio-sanitaria nel centro, le modalità di assistenza e la possibilità di accesso alle cure così come il livello di garanzia dei diritti fondamentali delle persone ivi trattenute.

RAPPORTO

Il centro, ubicato in un ex area ferroviaria, è costituito da moduli abitativi tipo container (di dimensioni 12x3x2.5 metri) posizionati su un piazzale di cemento. I container sono adibiti ad ospitare sia i trattenuti che alcuni uffici dell’ente gestore. E’ inoltre presente una struttura in muratura utilizzata dall’ufficio immigrazione della Questura. Il centro ha potenzialmente una capienza massima di 88 persone, anche se, per motivi di spazio, l’ente gestore ha dichiarato che, da diverso tempo, non viene mai superato il limite massimo di 72 ospiti (18 donne e 54 uomini). Il centro è gestito dal corpo militare della Croce Rossa Italiana. All’interno del centro il personale dell’ente gestore indossa la tenuta militare. Vi sono due aree maschili ed una femminile in cui sono confinati i trattenuti e ciascuna è delimitata da sbarre alte sei metri. Nelle due aree maschili si trovano complessivamente 9 moduli più uno adibito a mensa. L’area femminile è dotata di tre moduli più uno adibito a mensa. Ciascun modulo è dotato di 8 posti letto (4 letti a castello) di cui verrebbero utilizzati, come massimo, soltanto sei. Vi si trovano inoltre servizi igienici, impianto di riscaldamento ed aerazione ed un televisore. Non vi sono alloggi specifici per le famiglie. I moduli adibiti a mensa sono utilizzati anche come luoghi di culto. Dall’esterno, vari moduli appaiono piuttosto degradati. Gli operatori dell’ente gestore ci hanno riferito che sono piuttosto frequenti gli atti di vandalismo dei trattenuti nei confronti della struttura e dei moduli in particolare. Non vi sono ambienti per svago e animazione se si eccettuano i moduli adibiti a mensa – che fungono anche da luogo di ritrovo – e i limitati piazzali di cemento di ciascuna area; che, al momento delle visite, venivano utilizzati da alcuni trattenuti per giocare a carte seduti al suolo e a calcio. Durante la seconda visita, le aree di trattenimento si presentavano con numerosi rifiuti sparsi al suolo.
Le tre aree di trattenimento dispongono di uno spazio inadeguato rispetto al numero di persone che possono contenere. A titolo d’esempio, una delle due aree maschili è situata in un piazzale di cemento rettangolare delimitato da un perimetro di sbarre di circa 22×42 metri; al suo interno si trovano 5 moduli abitativi ed una piccola pensilina situata tra due moduli. Durante le due visite non abbiamo avuto accesso alle aree di trattenimento ma abbiamo dialogato con alcuni trattenuti attraverso le sbarre. La percezione di alcuni dei trattenuti con cui abbiamo potuto parlare era quella di trovarsi in una struttura carceraria. Un trattenuto si è sfogato dicendoci che “è la prima volta che mi capita di trovarmi in galera!” poiché in tutta la sua vita è sempre stato una persona onesta.
Per un certo tempo vi è stato il problema della presenza di topi nelle aree di trattenimento, probabilmente attirati dalla presenza di avanzi di alimenti caduti al suolo. Il responsabile dell’ente gestore ci ha riferito che allo stato attuale il problema è stato completamente superato, grazie ad un miglior isolamento dal suolo dei moduli abitativi, alle campagne di derattizzazione (eseguite 3 volte l’anno) e al posizionamento di numerose trappole. Esiste un regolamento interno che non abbiamo potuto visionare nella sua integralità. Al momento dell’ingresso viene fornito ai trattenuti un documento (tradotto in 12 lingue) che include informazioni sul trattenimento nel centro e l’assistenza legale, la carta dei diritti e dei doveri del trattenuto, l’elenco dei servizi garantiti nel centro, la lista delle associazioni che operano all’interno della struttura ed i servizi che offrono, gli orari e le modalità di erogazione dei servizi del centro. Gli operatori dell’ente gestore ci hanno informato che da qualche anno i trattenuti sono autorizzati a conservare i propri indumenti. Ciononostante il documento suddetto non è chiaro al riguardo poiché nell’allegato relativo alla descrizione dei servizi si legge: “Al momento dell’accesso al Centro, gli ospiti dovranno svestirsi e indossare gli indumenti che gli saranno consegnati (riceveranno i propri indumenti al momento di lasciare il centro)”. Il regolamento interno prevede tre appelli giornalieri alle 8, alle 13 e alle 23.
L’assistenza sanitaria è assicurata da un medico in servizio 24 ore su 24. In totale il personale medico è costituito da 9 elementi. E’ presente un infermiere per 4 ore la mattina e 4 ore il pomeriggio. Il personale infermieristico è costituito da 6 elementi. Le visite mediche di routine vengono effettuate il mattino e il pomeriggio. Per le visite mediche è necessario prenotarsi tutti i giorni, prima delle 9. E’ a disposizione un’ambulanza per le urgenze e per i trasferimenti a strutture sanitarie esterne. Per un certo tempo sono stati realizzati, con cadenza settimanale, degli incontri di informazione sull’igiene personale realizzati dalle infermiere volontarie della Croce Rossa. Tale servizio era stato sospeso al momento delle nostre due visite. Esiste un servizio di assistenza psicologica, attivo due volte la settimana per un’ora e mezzo. Il servizio è assicurato dal vice-direttore del centro che è anche psicologo. Le consulenze specialistiche ed eventuali esami, sono effettuati all’esterno, principalmente presso l’ospedale Martini, che dista a 3 minuti dal centro. Il Martini è anche l’ospedale di riferimento per le urgenze. Durante il 2005 sono stati effettuati 146 invii di trattenuti alle strutture sanitarie di riferimento. Esiste un ambulatorio ubicato in un modulo container, con presidi basici, utilizzato per le visite di routine; è dotato di uno sterilizzatore, di un elettrocardiografo e di materiale per la piccola chirurgia. L’ambulatorio è dotato di un piccolo stock di farmaci. C’è stato riferito che tale stock viene approvvigionato da un magazzino di medicinali situato all’interno del centro. Un altro modulo container, denominato “ospedaletto” (e a volte anche la “suite” dagli operatori del centro), è destinato ad ospitare trattenuti con patologie che necessitano di isolamento medico. Come esempio ci sono stati citati vari casi di acariasi che si sarebbero verificati in passato. La struttura è divisa in due ambienti separati, dotati ciascuno di 3 posti letto e di un piccolo bagno. L’ospedaletto è stato l’unico modulo abitativo che abbiamo avuto la possibilità di visionare all’interno. Le condizioni igieniche risultavano approssimative e tutta la struttura interna appariva piuttosto degradata. L’impianto di riscaldamento ed aerazione, sebbene funzionante, risultava danneggiato. C’è stato spiegato che sono i trattenuti stessi che frequentemente li manomettono e li danneggiano; spesso perché, durante i mesi caldi, vi introducono contenitori di bevande con lo scopo di mantenerli freschi. Al momento dell’ingresso ogni trattenuto viene visitato, viene stilata una relazione sanitaria di accettazione con un’anamnesi ed un breve esame obiettivo e viene aperta una cartella clinica.
Esiste la possibilità di compiere interventi di piccola chirurgia, soprattutto per ferite, provocate – in genere – de auto-lesioni. In questi casi, comunque, a quanto ci ha riferito il medico di turno, i trattenuti vengono inviati al pronto soccorso dell’ospedale. Secondo quanto è stato riferito dal personale dell’ente gestore, gli episodi di autolesionismo si verificherebbero, in media, con una frequenza di una decina l’anno (principalmente ferite da taglio superficiali). Le patologie più diffuse – a parere del medico in servizio – sono quelle odontoiatriche, le infezioni respiratorie e della pelle. Secondo una stima dello stesso medico circa il 10-15% dei trattenuti fa uso di benzodiazepine. Il sanitario ha affermato che gli psicofarmaci vengono somministrati, quando necessario, solo ed esclusivamente per uso terapeutico. All’interno del centro non viene utilizzato il metadone. I tossicodipendenti che sono in terapia con metadone, vengono “dismessi” ed inviati al SERT di riferimento. I sieropositivi non vengono trattenuti al centro ma sono rilasciati ed inviati all’ospedale di riferimento specializzato in malattie infettive (Amedeo di Savoia). Nel caso in cui una donna affermi di essere in stato di gravidanza, viene eseguito il test di conferma. Se risulta lo stato interessante, la donna viene rilasciata e indirizzata alle strutture territoriali competenti per l’assistenza pre-natale.
Per quanto riguarda i minori, il personale sanitario riferisce che, nei casi sospetti, viene eseguito l’esame radiografico per l’accertamento dell’età ossea; nei casi dubbi, il giudice dispone una perizia medico-legale.
Il personale in servizio afferma che abitualmente l’80% dei trattenuti proviene dal carcere. Al momento della visita vi erano 16 persone identificate come pericolose dalle forze di pubblica sicurezza. All’interno del centro non vi sono ambienti separati per i trattenuti con precedenti penali. Da quanto ci è stato riferito dal responsabile del centro, l’ente gestore farebbe del suo meglio per separare i trattenuti tra le varie aree di detenzione, in funzione delle nazionalità e delle etnie, poiché vi sarebbero, a volte, ostilità tra differenti gruppi che a volte possono degenerare in aggressioni fisiche e violenze. Vi è un modulo abitativo destinato ad ospitare i colloqui dei trattenuti, situato al di fuori delle aree di trattenimento. Gli orari dei colloqui sono fissati tutti i giorni tra le 14 e le 18. Il colloquio tra il nostro operatore ed un trattenuto è avvenuto con la presenza costante di un membro dell’ente gestore all’ingresso la cui porta è dovuta restare aperta per tutto il colloquio; questo – ci è stato detto- a causa di disposizioni interne del centro. E’ da segnalare che l’ambiente dove è stato sostenuto il colloquio era piuttosto angusto (3×4 metri circa) ed era quindi difficile dialogare e, allo stesso tempo, avere garantita la riservatezza della conversazione. Passati circa venti minuti il nostro colloquio è stato interrotto poiché – sempre per disposizioni interne – quello era il limite massimo per una conversazione. Facciamo ancora notare che non vi era nessun altro trattenuto in attesa di sostenere un colloquio. Inoltre, nel documento sui servizi e gli orari del centro che viene consegnato ai trattenuti non vi è nessuna menzione ai limiti di tempo assegnati ai colloqui.
Il tempo medio di permanenza nel centro sarebbe di 11 giorni secondo quanto ci è stato riferito dal personale. L’Ente gestore ci ha fornito una serie di dati che qui di seguito riportiamo. Gli ingressi sono stati 308 dal primo gennaio al 3 di marzo di quest’anno. Le nazionalità più rappresentate sono state di gran lunga la rumena (138 persone) e la marocchina (97 persone). Nello stesso periodo sono state dismesse 301 persone, di cui 242 per rimpatrio, 25 per decorrenza dei termini, 11 perché non idonee al trattenimento, 9 per motivi vari, 7 per non convalida del trattenimento, 5 per regolarizzazione del soggiorno, 2 per arresto. Al momento della prima visita erano presenti 7 richiedenti asilo che avevano inoltrato la domanda successivamente al trattenimento e provenienti da Serbia-Montenegro, Moldavia, Albania, Yugoslavia, Romania, Bangladesh, Egitto. Per i richiedenti asilo non esistono ambienti distinti dagli altri trattenuti. L’ orientamento legale circa il diritto d’asilo è fornito da volontarie della Croce Rossa. Il responsabile dell’ente gestore ci ha riferito che le operatrici volontarie hanno frequentato corsi per l’orientamento legale, l’assistenza sociale e la mediazione culturale. Il direttore dell’ente gestore, rispondendo ad una nostra domanda, ci ha detto che, in caso di abusi da parte di altri trattenuti, di membri dell’ente gestore o delle forze di pubblica sicurezza, il trattenuto si può rivolgere al responsabile delle forze di pubblica sicurezza del centro. Nel documento relativo all’organizzazione del centro consegnato agli ospiti si fa solo riferimento alla possibilità per il trattenuto di riferire di eventuali problemi riguardanti il comportamento del personale dell’ente gestore al responsabile in servizio dell’ente gestore stesso. Particolarmente significativa risulta l’esperienza di un trattenuto, il quale è stato aggredito e percosso da altri cinque trattenuti poiché si sarebbe rifiutato di sottostare ad alcune prevaricazioni che gli venivano imposte. Come segno visibile delle percosse la vittima presentava un’ecchimosi evidente nella regione periorbitale dell’occhio destro oltre a diversi lividi sulla schiena. Secondo una testimonianza il trattenuto sarebbe stato percosso alla vista del personale dell’ente gestore e delle forze di pubblica sicurezza. Lo straniero è stato poi visitato e medicato nell’infermeria del centro e trasferito, da solo, nell’area separata dell’ “ospedaletto”.

CONCLUSIONI

In generale si può affermare che le visite hanno permesso di raccogliere informazioni utili, anche se il tempo a disposizione, limitato, non ha permesso di dialogare approfonditamente con un numero adeguato di trattenuti. Abbiamo potuto rilevare tre aspetti particolarmente critici.
1) La assoluta inadeguatezza della struttura del centro per gli scopi a cui è stata destinata; tra cui quello dell’assistenza. Riteniamo che il centro manchi dei requisiti minimi per svolgere le funzioni dell’accoglienza nel rispetto della dignità delle persone. Ciò è tanto più inaccettabile in quanto alla struttura non sono state apportate migliorie significative dal 1999, anno della sua apertura (si veda la documentazione fotografica allegata), come, del resto, già documentato da precedenti rapporti di altre organizzazioni umanitarie (2) ed esponenti della società civile (3).
Gli elementi che compongono la struttura sono essenzialmente un piazzale di cemento, dei moduli-container, sbarre e muri alti più di sei metri. Gli spazi di cui dispongono i trattenuti nelle aree di detenzione sono insufficienti ed, in particolare, in caso di temperature particolarmente rigide o di pioggia si limitano praticamente ai soli moduli abitativi già occupati dai letti e da altri accessori per cui la superficie calpestabile a disposizione di 6 persone è più o meno di 22 m². Già da un’ispezione esterna alcuni moduli appaiono in un’evidente condizione di degrado. Le condizioni igieniche delle aree di trattenimento, così come quella dell’unico modulo che abbiamo potuto visionare, sono insufficienti. Non esiste alcun ambiente dedicato ad attività ricreativa o di animazione, quando questi dovrebbero essere previsti all’interno dei CPT (4) ed essendo un diritto dei trattenuti quello di “disporre di appositi spazi dove poter svolgere attività motoria o ricreativa (5)” . Non esistono spazi dedicati ai luoghi di culto, non esistono alloggi specifici per le famiglie. Né tanto meno ci paiono accettabili gli argomenti forniti da un membro delle forze di pubblica sicurezza per giustificare questa situazione: “Lei preferirebbe soggiornare in un bell’albergo ma con un pessimo servizio o, piuttosto, in una pensione un po’ malandata ma con un ottimo servizio ?”.
2) Il trattenimento nel centro rappresenta spesso un prolungamento della detenzione carceraria. Come riferitoci dallo stesso personale del centro, l’80% dei trattenuti ha dei precedenti penali e/o proviene dal carcere. Al momento della nostra prima visita 16 persone – il 27% dei trattenuti – erano state definite “pericolose” dalle forze di pubblica sicurezza per la tipologia del reato commesso. Accade spesso che detenuti in condizioni di irregolarità non siano identificati durante il periodo della permanenza in carcere, e allo scadere della pena, in luogo di essere rimpatriati, siano trasferiti nel centro, dovendo così scontare un periodo aggiuntivo di trattenimento. La permanenza nel CPTA viene sovente percepita da un ex-detenuto come un’ingiusta estensione della pena già scontata. E’ evidente che una tale situazione – che porta alla convivenza, negli spazi insufficienti del centro, di persone con questo tipo di esperienze con altri trattenuti con percorsi di vita e prospettive, spesso, totalmente differenti – può, con facilità, divenire “esplosiva” e difficilmente gestibile. Questa difficoltà di gestione è, in qualche modo, testimoniata anche dai numerosi tentativi di fuga e dalle rivolte scoppiate all’interno del centro così come dagli atti di vandalismo nei confronti della struttura che si sono susseguiti nel corso degli anni. Risulta, per certi versi, esplicativo di questa situazione anche l’episodio – qui riportato- circa le percosse ricevute da un trattenuto.
3) Un’istituzione totale impermeabile all’esterno. Il fatto che il centro sia una realtà del tutto separata dal territorio che la ospita, costantemente precluso alla possibilità di un monitoraggio da parte di organizzazioni indipendenti e di esponenti della società civile, accresce la preoccupazione riguardo alle eventuali violazioni e/o all’affievolimento dei diritti fondamentali che dovrebbero essere sempre garantiti ai cittadini stranieri trattenuti. La discrezionalità amministrativa nella gestione del centro e il fatto che non vi sia un regolamento interno ben definito a disposizione dei trattenuti accresce la condizione di vulnerabilità di quest’ultimi. Del resto la garanzia dei diritti e della dignità delle persone trattenute non può essere affidata alla “benevolenza” dell’ente gestore. A titolo d’esempio riportiamo l’episodio del nostro colloquio con un trattenuto, avvenuto senza che ne fosse rispettata la riservatezza (7)(8). Inoltre il colloquio è stato interrotto dopo 20 minuti poiché – c’è stato detto – questa è la regola del centro. Nelle comunicazioni scritte consegnate ai trattenuti non vi è menzione di questa regola. Nelle stesse comunicazioni si fa riferimento all’obbligo da parte del trattenuto di consegnare i propri indumenti al momento dell’ingresso nel centro. Allo stato attuale, invece, questa regola non è più in vigore. Del resto, gli elementi critici individuati in questo documento confermano quanto già rilevato da precedenti rapporti relativi a questo centro di permanenza. Nel corso di questi sette anni non vi è stata la volontà o la possibilità di porre rimedio alle problematiche più volte segnalate. In questi ultimi anni, inoltre, l’interdizione del centro al mondo esterno è stata resa, se possibile, ancor più rigida. Ricordiamo, inoltre, che le stesse normative interne relative al funzionamento dei CPTA, sanciscono il compito del Ministero dell’Interno di tutelare la salute psico-fisica e garantire una adeguata assistenza alle persone ivi trattenute come anche l’obbligo a rispettarne la dignità umana (9). In merito al CPT di Torino MdM, ritenendo questa struttura del tutto inadeguata a svolgere le funzioni a cui è stata preposta nel rispetto della dignità delle persone, ne richiede la sua immediata chiusura.
Per concludere, riteniamo essenziale l’attuazione di un’azione di monitoraggio dei centri di permanenza temporanea da parte di esponenti della società civile e organizzazioni non governative di riconosciuta indipendenza. Tale monitoraggio, per assicurare la massima trasparenza ed attendibilità, dovrebbe poter essere eseguito tramite visite – anche senza preavviso- con modalità tali da garantire una conoscenza il più possibile esaustiva degli spazi e del funzionamento del centro come anche, e soprattutto, la piena possibilità di sostenere colloqui riservati con le persone ivi trattenute. Si ricorda, a questo proposito, che il Ministero dell’Interno ha negato a MdM l’accesso al centro di Torino e agli altri Centri di Permanenza Temporanea. Analoghe restrizioni nell’accesso ai centri italiani sono state attuate sistematicamente nei confronti delle associazioni indipendenti così come nei confronti di avvocati, rappresentanti delle istituzioni locali, giornalisti e difensori dei diritti umani. Ciò costituisce una preoccupante mancanza di trasparenza che contribuisce ad accrescere l’allarme su ciò che accade all’interno dei CPTA e sulla garanzia dei diritti fondamentali dei trattenuti. Concordemente con quanto già proposto da altre organizzazioni non governative e associazioni, MdM ritiene necessaria e urgente l’istituzione di un organismo nazionale indipendente di controllo e monitoraggio dei CPTA, come anche degli altri centri di trattenimento per migranti irregolari e richiedenti asilo.

note:

1) E’ stata richiesta l’autorizzazione per una visita al centro di Torino, tramite una lettera del 7 marzo 2006 indirizzata da MdM alla Prefettura di Torino. L’ autorizzazione è stata negata dalla Prefettura con un telefax del 15 di marzo.
2) Si veda Rapporto sui Centri di Permanenza Temporanea ed Assistenza Medici Senza Frontiere, gennaio 2004.
3) I centri di detenzione temporanea per stranieri Guido Savio, maggio 1999.
4) Nel paragrafo relativo ai Criteri generali relativi alla salvaguardia dei livelli di sicurezza e agli aspetti strutturali della Direttiva generale in materia di Centri di Permanenza Temporanea ed assistenza emessa dal Ministero dell’Interno (30 agosto 2000), si fa riferimento ai seguenti ambienti: “ a) ad uffici di direzione del Centro ed attività connesse, quali gli uffici di accettazione degli stranieri, quelli destinati ai servizi infermieristici e sale colloquio; b) alloggi destinati agli stranieri, con camere in grado di assicurare un comfort compatibile con la dignità della persona e delle sue esigenze fondamentali; c) ambienti destinati alla socializzazione e alla vita in comune”.
5) Durante la permanenza nel centro lo straniero ha il diritto: “di disporre di appositi spazi dove poter svolgere attività motoria o ricreativa” Direttiva generale in materia di Centri di Permanenza Temporanea ed assistenza, Prot. 3435/50, 30 agosto del 2000.
6) Gli ultimi episodi di rivolta, con tentativi di fuga di massa, si riferiscono al 12 maggio e al 3 giugno di quest’anno. Nel primo caso un solo trattenuto è riuscito a fuggire Nel secondo episodio 18 immigrati hanno preso la via della fuga dopo una notte di rivolta in cui sono rimasti lievemente feriti 7 agenti di pubblica sicurezza.
7) La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. Art. 15, Costituzione della Repubblica Italiana.
8) Al trattenuto deve essere assicurata “la libertà di colloquio all’interno del centro e con visitatori provenienti dall’esterno nonché con gli organismi di cui al punto 3 e la libertà di corrispondenza anche telefonica, come stabilito dalla presente Direttiva, nelle more dell’emanazione del decreto ministeriale di cui all’articolo 21, comma 1, del Regolamento n. 394/1999 nonché la garanzia di riservatezza nei colloqui stessi” Direttiva generale in materia di Centri di Permanenza Temporanea ed assistenza, Prot. 3435/50, 30 agosto del 2000.
9) “Lo straniero è trattenuto nel centro con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità” Art. 14.2 del Decreto legge n°286, Luglio 1998 (Testo Unico). “Il trattamento all’interno del centro deve essere conforme al rispetto della dignità della persona e improntato ad assoluta imparzialità ed assenza di discriminazione di ogni genere” Direttiva generale in materia di Centri di Permanenza Temporanea ed Assistenza, Prot. 3435/50, 30 agosto del 2000.

DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA
Le foto allegate risalgono al giugno 1999. Nonostante ciò le immagini hanno un valore documentale e sono una testimonianza ancora attuale poiché la struttura del centro è rimasta fino ad oggi sostanzialmente immutata. Tutte le foto sono di Sara Elter ©

Ufficio stampa MEDU – 3343929765 / 0697844892

Medici per i Diritti Umani onlus è una organizzazione umanitaria e di solidarietà internazionale, senza fini di lucro, indipendente da affiliazioni politiche, sindacali, religiose ed etniche. Questo rapporto rientra nell’ambito del programma “Osservatorio sull’assistenza socio-sanitaria per la popolazione migrante nei CPTA/CIE” avviato dall’associazione nel 2004. MEDU aderisce alla campagna LasciateCIEntrare.

Tipo di documento: Report